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      il gran fusto restò. Dal fianco alloratrasse Achille la spada, e furibondo
      assalse Asteropèo che invan dall'altasponda si studia di sferrar d'Achille
      il frassino: tre volte egli lo scossecolla robusta mano, e lui tre volte
      la forza abbandonò. Mentre s'accingead incurvarlo colla quarta prova
      e spezzarlo, d'Achille il folgorantebrando il prevenne arrecator di morte.
      Lo percosse nell'epa all'ombelico;
      n'andâr per terra gl'intestini; in negracaligine ravvolti ei chiuse i lumi,
      e spirò. L'uccisor gli calca il petto,
      lo dispoglia dell'armi, e sì l'insulta:
      Statti così, meschino, e benché natod'un fiume, impara che il cozzar co' figli
      del saturnio signor t'è dura impresa.
      Tu dell'Assio che larghe ha le correntiti lodavi rampollo, ed io di Giove
      sangue mi vanto, e generommi il prodeEàcide Pelèo che i numerosi
      Mirmidóni corregge, e discendeaEaco da Giove. Or quanto è questo Dio
      maggior de' fiumi che nel vasto grembodevolvonsi del mar, tanto sua stirpe
      la stirpe avanza che da lor procede.
      Eccoti innanzi un alto fiume, il Xanto;
      di' che ti porga, se lo puote, aita.
      Ma che puot'egli contra Giove a cuiné il regale Achelòo né la gran possa
      del profondo Oceàno si pareggia?
      E l'Oceàn che a tutti e fiumi e marie fonti e laghi è genitor, pur egli
      della folgore trema, e dell'orrendofragor che mette del gran Giove il tuono.
      Sì dicendo, divelse dalla ripala ferrea lancia, e su la sabbia steso
      l'esamine lasciò. Bruna il bagnavala corrente, e famelici dintorno
      affollavansi i pesci a divorarlo.
      Visto il forte lor duce Asteropèo


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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