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      già nelle soglie di vecchiezza il piede,
      dall'alta condannato ira di Giove
      di ria morte a perir, vista di maliprima ogni faccia, trucidati i figli,
      rapite le fanciulle, i casti letticontaminati, crudelmente infranti
      contro terra i bambini, e strascinatedall'empio braccio degli Achei, le nuore.
      Ed ultimo me pur su le regaliporte trafitto e spoglia abbandonata
      voraci i cani sbraneran, que' caniche custodi io nudrìa del regio tetto
      alla mia mensa io stesso; e allor da ingordarabbia sospinti disputar vedransi
      il mio sangue; e di questo alfin satolline' portici sdraiarsi. Ah, bello è in campo
      del giovine il morir! Coperto il pettod'onorate ferite, onta non avvi,
      non offesa che morto il disonesti.
      Ma che ludibrio sia degli affamatimastini il capo venerando e il bianco
      mento d'un veglio indegnamente ucciso,
      che sia bruttato il nudo e verecondosuo cadavere, ah! questo, è questo il colmo
      dell'umane sventure. E sì dicendo,
      strappasi il veglio dall'augusto capoi canuti capei; ma non si piega
      l'alma d'Ettorre. Desolata accorsed'altra parte la madre, e lagrimando
      e nudandosi il seno, la maternapoppa scoperse, e, A questa abbi rispetto,
      singhiozzante sclamava, a questa, o figlio,
      che calmò, lo ricorda, i tuoi vagiti.
      Rïentra, Ettore mio, fuggi cotestosterminatore, non istargli a petto,
      sciaurato! Non io, s'egli t'uccide,
      non io darti potrò, caro germogliodelle viscere mie, su la funèbre
      bara il mio pianto, né il potrà l'illustretua consorte: e tu lungi appo le navi
      giacerai degli Achivi, esca alle belve.
      Questi preghi di lagrime interrotti


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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