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      di regal giovinetto a cui fiorìadel primo pelo la venusta guancia,
      e, così fatto, il nume s'incammina.
      Già Prìamo con Idèo d'Ilo la tombaavea trascorsa, e qui sostato alquanto,
      alla chiara corrente abbeveravae le mule e i destrier. L'ombra notturna
      sulla terra scendea, quando l'araldodel nume s'avvisò che alla lor volta
      già s'appressava, e sbigottito disse:
      Bada, o re; qui si vuol tutta prudenza.
      Veggo un nemico, e siam perduti. O rattodiamci in fuga, o abbracciam le sue ginocchia
      implorando pietà. - Smarrissi il veglio,
      il terror gli arricciò su le canutetempie le chiome, il brivido gli corse
      per le tremule membra; e stupiditos'arrestò: Ma si fece innanzi il nume,
      e presolo per mano interrogollo:
      Dove, o padre, dirigi esti corsiericosì pel buio della dolce notte
      mentre gli altri han riposo? E non paventii furibondi Achei, che ti son presso,
      fieri nemici? Se qualcun di loroper l'ombra oscura portator ti coglie
      di quei tesori, che farai? Garzonetu non sei, né cotesto che ti segue,
      onde far petto a chi t'assalti infesto.
      Ma di me non temer, ch'io qui mi sonoin tuo danno non già, ma in tua difesa,
      perocché come padre a me sei caro.
      E Prìamo a lui: La va, come tu dici,
      mio dolce figlio. Ma propizio ancoratien su me la sua mano un qualche iddio,
      che tal mi manda della via compagnoben augurato, come te, di corpo
      bello e di volto, e di mirando senno,
      e di beati genitor germoglio.
      Gli è ver, ti guarda un Dio, siccome avvisi
      (ripiglia il nume): ma rispondi, e schiettoparlami il vero. In regïon straniera
      porti tu forse, per salvarli, questi


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Iliade
di Homerus (Omero)
pagine 483

   





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