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      Entro nitida astiera; indi Minerva
      A posarsi guidò sopra un bel seggio,
      Che d'un trapunto vel coprì: sotteso 165
      Stava ai piè della Diva uno sgabello.
      Scanno elegante a sé, presso a lei pose,
      In disparte de' Proci, onde al frastuonoDi que' protervi, ove tra lor si stesse,
      Non fastidisse l'ospite la mensa; 170
      E desiava ancor del padre assenteInterrogarlo. Ma già presta ancella
      Da un vaso d'oro, nel bacil d'argentoL'acqua alle man versava, indi a lor stese
      Un liscio desco. Candido v'impose 175
      La veneranda dispensiera il paneCon varie e pronte dapi, e quelle ancora
      Che tenea in serbo aggiùnsevi. Lo scalcoCarni di tutte sorti in sui taglieri
      Recava ed aurei nappi, in che spumante 180
      Bacco l'intento banditor mescea.
      a 144 Baldi i Proci v'entrâr, sui seggi e' troniPer ordine adagiârsi. Acqua gli araldi
      Diêro alle mani, e di Cèrere l'almoDon ne' canestri accumulâr le ancelle. 185
      Coronâro di vin l'urne i donzelli,
      E in colme tazze ministrârlo in giro.
      Steser la man sull'imbandita mensaI Proci, e poi che d'esca e di bevande
      Estinsero il desìo, non altro in mente 190
      Volgean che canti e danze, adornamentiD'ogni convito. Pose allor l'araldo
      Superba tra le man cétera a Fèmio,
      Che per forza tra lor scioglieva il canto.
      Tosto le corde ei ricercò e preluse 195
      A dolce melodia. Piegato il capoVèr la diva il garzon, ch'altri non l'oda,
      Queste le bisbigliò note all'orecchio:
      a 158 "Conciteratti a sdegno, ospite mio,
      Ciò che or dirò! Costoro agevolmente 200
      Prendono in cura sol cétera e canto,
      Ché impuni a divorar fànsi il retaggio


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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