Pagina (71/437)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Dovizie immense, ecco altri d'improvviso,
      Celatamente, pel funesto inganno 120
      D'infida moglie, uccìsemi il fratello.
      Non viemmi quindi al cor gioia regnandoQueste ricchezze. E voi da' padri vostri,
      Quali ne sìeno, ciò già udito avrete;
      Ché molti guai sostenni; una magione 125
      Ricca di gente e d'agi a terra sparsi.
      Piacesse al Ciel che di tre parti, l'una,
      Rimasta a me delle dovizie mie,
      Qui albergassi e le dolci aure vitaliSpirasser meco i prodi che ne' vasti 130
      Ilìaci campi lungi d'Argo, altriceDi fervidi destrieri, allor perîro.
      Non senza molti gemiti e lamentiTutti io li piango: nell'interne stanze
      Spesso ricovro e quivi or mi conforta 135
      La dolcezza del pianto ed or m'acqueto;
      Ché del dirotto lagrimar la bramaSàziasi in breve, indi 'l vigor ripiglia.
      Benché dolente, non mi affanno tantoDi tutti, sì come di un sol che il sonno 140
      Ed il cibo venir fammi in dispetto,
      Quando il rammento; ché tra i Dànai tuttiNullo del par fu prode e tollerante,
      Come l'inclito Ulisse. Avemmo in fatoDoglioso e' tragger guai, viver io sempre 145
      Vinto per sua cagion d'aspri tormenti.
      Ché da gran tempo erra ei lontano e ignoro,
      Se vive o se perì. Lo piange intantoD'età grave Laerte e la prudente
      Penèlope e Telèmaco che in casa 150
      Bambin lasciò, quand'ei si dipartìa."
      d 113 Detto, del caro genitor la bramaStrinse il cuore al garzon. Dalle palpèbre
      Traboccàvagli al suol pianto dirottoDel padre udendo; alzò il purpureo manto, 155
      D'ambe le mani e gli occhi si coverse.
      Menelao si fe' accorto, e due consigliNell'animo agitava: o consentire


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





Ciel Argo Dànai Ulisse Laerte Telèmaco