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      D'altitudine immensa ivi soggiornaUom che a pascer menava in lontananza
      Le pecore, solingo; e' fuggìa sempreDe' Ciclopi il consorzio e violenti
      Atti volgea nel cor. Fier mostro immane, 245
      Non della stirpe sembra, che si pasceDi polve Cereal, ma una selvosa
      Cima di monti altissimi, che solaA quante intorno sorgono sovrasti.
      ? 193 Imposi allora a' miei fidi compagni 250
      Di restar nella nave e di guardarla;
      E dodici tra i miei prodi soltantoTrascelti ch'ebbi, m'avviai, recando
      Meco in otre caprin, bruno e soaveLicor che Marón diemmi Evantiàde, 255
      Sacerdote ad Apollo, che le muraD'Ìsmaro proteggea; quindi noi, vinti
      Da riverenza, con la sposa e i figliL'avemmo in guardia là, nel bosco ombroso
      A Febo sacro, ov'ei facea soggiorno. 260
      Di ricchi doni mi fe' lieto; diemmiSette in vaghi lavor talenti d'oro,
      Diemmi un'urna d'argento, indi m'attinseIn sei anfore e sei, puro soave
      Generoso licor, beva divina, 265
      Che né famiglio alcun né alcun'ancellaSeppero mai fuorch'egli, la diletta
      Moglie e la sola dispensiera. QuandoBevean di quel licor dolce e vermiglio,
      Empiuto un nappo, in vénti e' l'infondea 270
      Metri di limpid'acqua: allor dall'urnaD'ambrosia olezzo diffondéasi intorno,
      Tal che 'l temprarsi era impossibil cosa.
      Portai quindi 'l grand'otre e di vivandeLo zaino ricolmai; ché la mia fiera 275
      Alma già presentìa di gir incontroAd uom vestito d'indomabil forza,
      D'indole dispietata, e che a vil prendeNel selvaggio suo cor le leggi e 'l dritto.
      ? 215 Né guari andò, che divenimmo all'antro. 280
      Né già 'l trovammo lì, ché 'l pingue gregge


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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