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      Potrai tu stesso ritornar, mi penso,
      Ma rimarrai colà dove son gli altri.
      Pur m'odi, che francar ti vo' da guaiE pórti in salvo. Te', con questo miro 375
      Farmaco, al tetto t'addurrai di Circe,
      Né temer che dal capo non ti storniIl dì funesto. Or vo' tutti i perversi
      Disegni di costei farti palesi.
      Mista ti appresterà beva, in che un succo 380
      Letal nell'esca getterà; l'incantoPur a vòto le andrà, tal della pianta
      Salutar ch'io ti porgo è la virtute.
      D'ogni cosa or t'assenno. Allor che Circe
      Con la lunga ti avrà verga percosso, 385
      Tratto dal fianco l'affilato brando,
      Contr'essa in atto di ferirla irrompi.
      Tutta tremante allora a giacer secoT'inviterà; né ricusar tu dèi,
      D'una tal Diva il letto, acciò che i tuoi 390
      Liberi, e blanda teco sia; ma primaGiurar de' Numi il gran giuro, la stringi,
      Che a te medesmo ordir null'altro rioVorrà più mai, onde del ferro ignudo,
      Non poi ti renda ignobile ed imbelle." 395
      ? 302 Detto, la pianta che da terra svelseTra man pósemi il Nume e la natura
      Chiarìmmi. N'era la radice brunaMa 'l fiore di candor vinceva il latte;
      Moli chiàmanla i Dèi; sterparla è duro 400
      All'uom, ma tutto a' Sempiterni è dato.
      ? 307 Detto, per la selvosa isola il Nume
      Lèvasi a' gioghi dell'eccelso Olimpo;
      Io vèr Circe processi; ed in andandoMolti e vari pensier nel cor volvea. 405
      Giunto alle soglie della bella Diva
      Dall'aureo crin, mossi la voce; udìmmi.
      Accorse tosto e le lucenti porteSchiudendo, m'invitava; io la seguìa
      Dolente in core. Già intromesso appena, 410
      Mi collocò sovra elegante seggio


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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