Pagina (288/437)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Medónte il banditor la fece accorta, 490
      Cui non erano ascosi i rei disegni.
      L'esimia donna traversò veloceLa sala con le ancelle, e come giunse
      Dinanzi ai pretendenti, in sulla sogliaDella porta risté, d'un sottil velo 495
      Adombrata le guance. All'Eupitìde
      Rivòltasi, il garrìa con questi accenti:
      p 418 "Vil di misfatti artefice e di guai,
      Antìnoo scellerato! e gl'Itacensi
      Te fra i tuoi pari, in senno ed in facondia 500
      Tengono il primo? Oh! tal non fosti mai!
      A Telèmaco mio, deh! perché trami,
      O perfido! la morte e non ti toccaPietade 'l cor degli ospiti che guarda
      Giove dal Ciel? Non è già pio consiglio 505
      Alterne stragi macchinar. O forseIgnori tu, che in questa reggia stessa
      Riparò il padre tuo già fuggitivo,
      L'aspra temendo popolar vendetta?
      Concitato s'avea l'ira di tutti, 510
      Perché i Tafi ladron seguendo, nocqueA' Tespròti, con lega a noi congiunti.
      Già struggéansi d'uccìderlo e del pettoTrargli 'l cor e ingoiar le sue dovizie;
      Ma sorse Ulisse, 'l divietò. Gl'irati, 515
      Quantunque ardenti di ferir, contenne:
      Tu l'aver gli consumi, o inverecondo,
      La consorte ne ambisci, il figlio uccidi,
      Me d'aspro duol trafiggi! Or via, l'ingiungo:
      Cessa; e 'l costor mal animo reprimi." 520
      p 434 E 'l Polibide: "Icàride prudente,
      Fa' cor, né cura tal t'agiti l'alma.
      Non è, né v'ebbe, ned alcun fia mai,
      Che la man sul tuo figlio alzare ardisca,
      Sin ch'io spiri e questi occhi apra alla luce. 525
      Questo dico, né invan; ché il costui sangueRatto giù scorrerìa per la mia lancia.
      Fitto m'è nel pensier, come sovente


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





Eupitìde Itacensi Telèmaco Ciel Tafi Tespròti Ulisse Polibide