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      Restar, ti antiverrò; né star più a bada,
      Non forse alcun, veggèndoti al di fuori,
      Ti fieda o ti discacci; a ciò pon mente."
      ? 280 "Non più - replicò Ulisse -. A dissennato 350
      Uom non favelli. Entra primiero, ed ioQui rimarrò. Di doglie e di ferite
      Sperto son io; qui dentro un'alma chiudoTollerante d'assai, ché molti e gravi
      Infortuni tra l'armi e in mar sostenni; 355
      Questi, a que' mali, aggiùngansi. Non pateContrasto il vorator ventre funesto,
      Che di sì fieri guai le genti attrista,
      Per cui s'arman le navi e nel mar altoVolano ad infestar piagge nemiche." 360
      ? 290 Queste tra lor movean parole, quandoLa testa sollevò, gli orecchi tese
      Argo, d'Ulisse il can, ch'ivi giacea.
      Già 'l nutrì di sua man l'eroe medesmo,
      Ma côrne frutto non potéo, ché prima 365
      Alla volta del sacro Ìlio partìa.
      Già un dì 'l guidò contra silvestre capre,
      E cervi, e lepri gioventù animosa;
      Ma lontano il Signor, giacea or negletto,
      Di buoi, di muli là nel molto fimo, 370
      Innanzi all'alte porte accumulato,
      Finché da' servi si trasporti e sparga,
      I vasti a fecondar campi d'Ulisse.
      Quivi coperto di rodenti zecche,
      Corcato, Argo si stava. Incontinente, 375
      Fattosi accorto che l'eroe gli è presso,
      Scosse la coda ed abbassò gli orecchi,
      Ma trarsi a piè del Re forza non ebbe.
      Ulisse il vide e vòltosi all'indietro,
      Asterse il pianto ed il celò ad Eumèo. 380
      ? 305 Oppresso di stupor, ratto soggiunse:
      Vegg'io, diletto Eumèo, steso nel fimoCan di rara beltà, ma certo ignoro,
      Se con tal forma, fu rapido al corsoO neghittoso come quei da mensa, 385


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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