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      Non di fervido Sol raggio, non pioggiaDirotta mai la penetrò: ben v'era
      Quivi di frondi enorme effondimento. 565
      Al tumulto, al rumore, al calpestioDegli accorrenti cacciator, de' cani,
      Fuor del recesso la setosa belvaSlànciasi, arruffa della testa i peli,
      Gli occhi in fiamma rivolve e lor di contra 570
      Piàntasi e guata. In questa il primo, Ulisse
      Irrompe, alzata con man forte l'asta,
      D'uccìderla bramoso. Ma 'l prevenneIl cinghiale e 'l ferì con la gran sanna
      D'un colpo obliquo in sul ginocchio; molta 575
      Carne squarciò, ma non aggiunse all'ossoDel garzon che il colpì nell'omer destro:
      Da parte a parte la splendida puntaDell'asta il trapassò; cascò mugghiando
      Nella polve e spirò. Ma intorno a lui 580
      Accorsi, affaccendârsi i cari figliD'Autòlico, fasciàtagli la piaga
      A modo, gli arrestâr con un incantoIl negro sangue, e 'l trasportâr del padre
      Al palagio. Poi ch'elli 'l ritornâro 585
      In sanità, che di presenti insigniIl ricolmâr, contenti, alla diletta
      Ìtaca tosto il rimandâr contento.
      Esultò il genitor, l'orrevol madreAl suo ritorno, e tosto interrogârlo 590
      Di tutto che sendo lontan gli occorse,
      Ma più della ferita. Ed ei narravaPartitamente lor, com'ito a caccia
      Con i figli dell'avo in sul Parnaso,
      Un cinghiale 'l piagò, dal niveo dente. 595
      t 467 Quando la vecchia con le man inchineQuesta margin toccò, la riconobbe
      Ed il piè che tenea ratto dimise;
      Cascò la gamba nella conca, il rameRimbonbònne, travòlsesi da un lato 600
      Il vase e l'acqua per lo spazzo corse.
      Letizia e duol invasero ad un tempoL'animo d'Euriclea, le si empîr gli occhi


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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