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      Dettò prose e versi italiani, certamente notevoli per una tal quale sua propria originalità, ma troppo lontani da quella eleganza di stile e proprietà di vocaboli, per cui vanno invece ammirati i suoi connazionali e contemporanei il Foscolo, il Pieri ed il Mustoxidi tuttora vivente. Tanto però non vuolsi accagionarne il giudizio, quanto il troppo fervido ingegno dello scrittore, che male avrebbe potuto tollerare la paziente opera della lima: e forse ancor più l'avviamento non buono dato a' suoi studii dal Cesarotti e dal Bettinelli, uomini l'un più che l'altro per sapere eminenti, ma che per avversione ai pedanti così eransi dilungati dagli esempii de' buoni maestri, che certo non avrebbero potuto proporre i loro scritti a modello di ottimo gusto. Ad ogni modo le cose fino allora consegnate ai torchi, e l'opera con Giovanni Capodistria avuta nella riforma delle leggi jonie, gli valsero l'onore di essere con lui ascritto nel 1810 all'accademia di Pisa. Dotato di caldi e nobili spiriti, serbò tutta la vita sempre uguale l'affetto alla patria: ma benché nessuno gli andasse innanzi negli ufficii della giustizia, adempiuti fino allo scrupolo nell'esercizio delle affidategli magistrature, sconobbe i diritti della estinta Repubblica di Venezia alla riconoscenza di quegl'isolani; e solo perché esigeva da essi quella obbedienza che suole ogni principe da chi gli è suddito esigere, non temè di qualificare tirannide esosa un Governo alla cui liberalità, chi si facesse con mente sgombra da prevenzione a stenebrare le origini degli avvenimenti, volentieri confesserebbe col Tommaseo e col Mustoxidi or or rammentato, dovere la Grecia moderna la odierna sua civiltà e indipendenza.


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Odissea
di Omero (Homerus)
pagine 437

   





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