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      Ciò saputo, si pose a partito se avevasi ad accettare: la fame fece decidere pel sì. Il mattino seguente uscimmo ad uno ad uno nel vicino corridoio, e colla berretta in mano passammo dinanzi al cancelliere delle carceri, per nome Neri, e ad alcuni preti che ci diedero due pagnottine e un paolo romano; si disse grazie, e rientrammo nella segreta. Quale umiliazione! eppure la necessità ci forzò ad assoggettarcisi.
      Sulla nostra segreta rispondeva la conforteria, ossia quella camera in cui il paziente, che va ad essere decapitato, passa le ultime ore di sua vita. A quell'epoca furonvi due sentenze capitali: dalle nostre finestre vedevasi trasportare la ghigliottina con tutti gl'instrumenti necessari per la terribile funzione; pensi il lettore qual vista fosse mai questa per noi! Dei due decapitati l'uno era vile assassino che proditoriamente avea ucciso una pellegrina. L'altro un povero giovane diciottenne, nominato Percossi: per cagioni di rissa lo si aveva condannato a tre anni di galera che stava già espiando. Egli usciva nel giorno cogli strumenti da lavoro; un secondino l'avea preso a perseguitare, perché era in voce di liberale, ed amato in Roma dai suoi compagni. Egli fu talmente molestato che un dì, irritatosi, percosse il secondino nel capo coll'instrumento; e lo ferì gravemente. Per questo fu sentenziato a morte.
      L'uccisore della pellegrina morì da vigliacco; e la notte che precedette l'esecuzione non udimmo che urli lamentevoli. Percossi invece se la passeggiò risolutamente, come persona che nulla teme; e solo al mattino si piegò alla confessione voluta dal cattolicismo: andò alla morte con serenità, e fu compianto dal popolo romano.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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