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      E così all'alba del quinto dì del combattimento, gli aderenti di Carlo Alberto giacevansi in seggio governativo, e le persone del popolano e dell'ardente giovane mietute a pro di una causa, che finiva per essere quella della moderazione e della monarchia.
      Il popolo, che non sapea d'intrighi, li accettò di buona fede; ma d'allora in poi ei fu messo da lato: i suoi capi non ebbero che una ben secondaria parte; ei venne tradito, i suoi interessi sprezzati, e il suo valore si rimase senza fregio.
     
      XXI. La rivoluzione italiana e popolare si rimase tale nella sua essenza e nel suo principio durante le cinque memorabili giornate. Cacciato l'Austriaco, assunse un nuovo aspetto: fu guerra di monarchia; guerra di un monarca, che minava nello stesso tempo il trono degli alleati per farsi re d'Italia; guerra di un monarca, che per logica voleva escluso ogni elemento repubblicano; che sarebbe venuto a patti col nemico, ove per rovesci fosse stato in pericolo il diadema regale; guerra infine di un monarca, che gl'Italiani, lasciatasi fuggire l'occasione di stabilire un governo popolare là ove il popolo aveva colto le prime palme della vittoria, dovevano sostenere con tutte le loro forze; e seguendo i consigli del grande Machiavelli, dare la mano al despota, che voleva l'unità e l'indipendenza italiana a soddisfazione dei propri interessi e dell'ambizione, per quindi agire come si fa di una veste, che quando è usata, la si getta.
      Ma niente di tutto ciò: gl'Italiani, nuovi alla vita politica, mancanti di personaggi pratici, corsero di errore in errore.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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