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      Pochi entusiasti o pazzi, che io mando al patibolo, e la gente pezzente ch'io bastono, e faccio morire di fame'. È questo il discorso che tiene a sé medesima l'Austria; ma la si sbaglia di gran lunga: morirò ancor io, moriranno altri, ma sorgeranno dal nostro sangue proseliti più ardenti; il suo governo è verso la fine, essa è acciecata, disconosce lo spirito nazionale italiano, il quale, se non ora, ben presto farà levare tutti i miei compatrioti, che ricacceranno di là dall'Alpi i suoi soldati, e porteranno vendetta giusta delle tante vittime immolate al suo dispotismo.
      Per portare qualche sollievo al mio animo attristato, per interrompere la folla dei pensieri che mi assalivano, leggeva i virili accenti di Dante: dopo non molto il lasciava, e prendeva il Tasso; e le sue note di melanconia racquetavano e facevano miti i miei affanni. Un dì tra gli altri, l'ora del prigioniero, che è quella in cui occorrono alla mente gli amici, i parenti, le delizie della libertà, tutto ciò che si ha di più caro a questo mondo, mi assalì, e si fece sentire in un modo insopportabile. Aprii più libri per divagarmi: nessuno valse a ciò. Presi Byron e mi cadde sott'occhio una semplice poesia, ma commovente, scritta quando era giovane sulla morte di una a lui cara fanciulla. Lessi: mi vennero le lagrime. Dopo alcune ore pensai alla morte, pensai a me: lessi la Parisina di Byron, e il Prigioniero di Chillon; quella lettura mi diede alcun conforto: passò quel giorno lungo, lungo, tristo, e profondamente per me doloroso.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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