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      Andiamo pure, signor Orsini, si va in compagnia
      . "In compagnia di chi?" risposi sorpreso. "D'altri prigionieri" soggiunse lui.
      Ma se ho chiesto di rimaner solo.
      Ciò non vuol dir nienteripigliò; "è disposizione del presidente, e bisogna ubbidire: d'altronde, ella vien messo nella migliore prigione del castello, e con inquisiti, che sono tutti ottima gente."
      Andiam purereplicai, crollando il capo, e guardando tutto all'intorno della mia segreta. "Eppure mi dispiace" proseguiva dicendo: "mi era affezionato a questa camera; era divenuta un tutto con me stesso; avrei voluto starvi fino a che debbo andare alla morte."
      Poi me ne uscii.
      Quelli che sono stati in prigione, e isolati lungo tempo, possono solo capire il senso di queste parole. È un fatto, che si piglia interesse e affezione agli esseri inanimati, che sono stati testimoni dei nostri pensieri dolori, e patimenti; e che si soffre non poco nel separarsene. Così avvenne di me. Qual dolore non provai a lasciare la mia segreta!
      Fui messo al numero 9. Eranvi sette prigionieri; tutti ottimi giovani, e pertinenti a civili famiglie della Lombardia, ma compromessi leggermente; erano pallidi e macilenti, non già perché mancassero di comodi, che anzi n'erano provveduti a dovizia, essendoché durante il processo la Corte Speciale era assai indulgente colle persone rispettabili e compromesse lievemente; ma perché le febbri mantovane non risparmiavano alcuno.
      Vi era tal differenza dalla loro alla mia prigione, che parevami di essere uscito da una stalla, e di andare in libertà. Quei giovani al vedermi mi accerchiarono, mi strinsero la mano, e partito il custode, mi chiesero il nome.


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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