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      Avevo un paletot e una specie di mantello; la notte li teneva ambidue sul letto, ma di guisa che non se ne vedesse che un solo, e sempre lo stesso. Mi coricavo un'ora prima di sera, e in un panchetto, che teneva da canto, metteva il viglietto della spesa per il mattino seguente: cosicché alla visita delle nove e mezzo di sera, alla quale assisteva sempre il custode in capo, si vedeva preparato il viglietto: e dove fossi stato desto, si soleva dire:
      Oh che uomo! egli prepara tutto alla sera pel mattino, all'alba è in piedi, mentre gli altri si levano alle 10, alle 11, e ci fanno sospirare la lista della spesa delle buone mezz'ore
      .
      Alle visite notturne facevo sembianza di dormire: invece cogli occhi socchiusi guardava quale specie di visita si facesse.
      Eglino camminavano in punta di piedi, e una volta vicini mi spingevano sul volto la lanterna per riconoscere l'identità personale: indi se ne partivano.
      Una notte finsi destarmi al chiarore della luce improvvisa: diedi in qualche lamento proprio di chi si desta contro sua voglia, spalancai gli occhi, feci le viste di scuotermi e di esser sorpreso.
      Siamo noi: che scusi, signor Orsini, povero signore! peccato che abbia da finir male, sempre tranquillo e in pace; se ne dorme di buon'ora, e si alza presto. Se non fosse per mancare al dover nostro, noi non verremmo né meno a disturbarla la notte colle visite, ma di qui avanti andremo più adagio, e non lo desteremo: questa volta mo' ci scusi.»
      Niente, nientedissi io: "felice notte."
      Che dorma bene


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Memorie Politiche
di Felice Orsini
pagine 371

   





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