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      Tutti questi costumi lievemente modificati continuano in Calabria e son rimasti ancora nei paesi vicini a Napoli, in cui le donne portano tuttavia una spadetta dentro le trecce. Il dritto quiritario era il dritto dei forti, e il romano nostro padre conficcava la spada nelle chiome della sua donna, quasi dicesse: Ella è mia proprietà ottima; la mia spada la conquistò, e la mia spada saprà conservarmela.
      Il calabrese dunque che nelle scuole si ricorda di essere concittadino di Augusto, e nei campi d'essere fratello dei lupi, adopera il dritto lupino, e afferra la donna come una pecora. Quand'ella va di domenica alla messa, e il sacrato è gremito di gente, e gli organi suonano, e le campane squillano, egli in faccia al Sole, in faccia a Dio, in faccia al popolo irrompe tra le donne come Nibbio (dice la canzone) sopra stuolo di colombe, abbranca quella, ch'egli ama; e o la imbianca, o la scapiglia, o le toglie la maschera. Spieghiamo questi vocaboli. La fanciulla nubile mena in Calabria vita devota, e reca in capo un velo di colore scuro: l'uomo dunque le toglie quel velo, gliene sciorina sopra un altro bianchissimo, e la donna dicesi imbiancata. La fanciulla nubile porta la chioma coperta; perché questa bella vegetazione della testa, questa selvetta dove amore tende le sue paniuzze, è cosa sacra in Calabria. L'uomo dunque le strappa il velo geloso, e la donna dicesi scapigliata. La fanciulla nubile ha veste e corpetto senza maniche; la gonna ha nella parte superiore tre buchi, in quel di mezzo ella ficca la testa, nei due laterali le braccia, e questi due si chiamano muschere.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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