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      Ne volete altra prova? La fanciulla prende la fronda del mirto, del mirto che dava a Venere la corona: piglia dunque la fronda del mirto, o dell'olivo, o del lentisco, e la butta sulle braci. Se la fronda scoppietta e sibila, come un sospiro d'amore, se la fronda si accartoccia e balza lontano, comeun cuore che palpita sotto un occhio innamorato, se la fanciulla calabrese si sente lieve la vita al par di quella fronda, tripudia, e dice alla sua sedia, al suo letto, alla sua stanza: "Egli mi ama, egli mi ama!" Ne volete altra prova? Come se amore distruggesse la distanza, come se la catena di lui fosse una catena elettrica, un filo di seta, che conduce da un cuore ad un altro la sua scintilla a traverso mille miglia, la fanciulla calabrese se viene ad un tratto sorpresa da singhiozzo, se si sente un prurito nell'orecchio, incrocia le braccia sul petto e lasciandosi alla balía di mille dolci immaginazioni è certa che l'orecchio le prude, solo perché il suo amante favella di lei; è certa che mentre singhiozza, egli sospira per lei. Finalmente quando vuole accrescere l'affetto di lui, e legarselo per sempre ricorre alla lucertola. Questo vago animaletto, il cui giallo screziato di bruno graziosamente contrasta col verde della siepe nativa; che ti guarda con l'occhio d'un bambino, se tu lo guardi: che caccia fuori la puntina della lingua e si lecca le labbra, se tu gli sorridi, ed attrae ogni anima gentile, quando gravido cammina lentamente e mostra sull'erbe il ventre bianco, è rispettato da tutti i fanciulli calabresi.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





Venere