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      Ma chiedere che il nostro popolo abbia, come sarebbe diritto che fosse, la lodevole vaghezza di sapere i particolari dell'amministrazione dello Stato, è un'assurda pretensione, perché nei nostri luoghi ti abbatti in mille valentuomini, cui intelligenza non manca, i quali, non che essere forniti delle piú elementari notizie che concernono le condizioni economiche ed amministrative della propria provincia, quelle non posseggono neppure che toccano il Comune dove son nati.
      Egli è questo un gran male; poiché s'è vero che nulla può amarsi quando prima non si conosca, come si può che gli uomini nostri amino daddovero la patria, e da un amore sollevandosi ad altro amore piú nobile vagheggino la prosperità della provincia, e la floridezza dello Stato? Amiamo la patria, e chi lo nega? Ma il nostro è amore poetico, mette radice nelle memorie dell'infanzia, negli amori della giovinezza, ha per obbiettivo la natura fisica del luogo natale, i monti, le vie, gli alberi, le fontane, segretarie dei nostri primi pensieri, testimoni dei nostri primi sollazzi, è un istinto insomma simile a quello che riconduce la rondine al medesimo nido, e la lepre ferita al covo insanguinato, ma non è virtú, non è amore politico, non è amore razionale, che guarda il decoro, la gloria, l'immegliamento morale ed economico del paese nativo.
      Questo amore razionale pel paese è impossibile a nascere finché le condizioni del paese durano ad esserci ignorate. E ci sono ignorate perché l'educazione ricevuta in famiglia, nelle scuole e nel vivere sociale ci hanno snaturato in uomini solitarii, impettiti ed egoisti, ci han fatto il cuore piccolo, la vista miope che nulla vede al di là delle domestiche pareti, nulla al di là dei congiunti di terzo grado, e, solo che sul nostro focolare non piova, non ci diamo veruno pensiero se il Proteo oraziano meni le sue foche sui monti.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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