Pagina (116/319)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      A capra dice: Menza trippa e buonu riciettu. Noi invidiamo loro la facoltà che hanno di conversare con le pecore e con le capre, e d'intenderne il linguaggio; ma pare che l'une e l'altre vogliano la pancia piena, ed il ricovero buono.
      I nostri pastori sono ignoranti. Non separano in vasi diversi il latte munto nelle varie ore della giornata, per averne, secondo il piú o meno di crema che contiene, varie qualità di formaggi: ignorano il lattòmetro per misurare i gradi di calore richiesto dalla coagulazione; le forme che adoprano sono fiscelle di giunchi, non, come dovrebbere essere, di legno o di coccio; e tutte queste cose unite ai pessimi gagli, alla sporchezza dei vasi, alla luridezza degli abiti e delle mani dei pastori, e alle putride esalazioni degli ovili mutano spesso il latte in vino ossiacetico, e ci danno caci cattivi.
      Finché la pastorizia non si renderà fissa, finché ai pascoli naturali non saranno sostituiti gli artificiali, non avremo né ovili decenti, né cascine splendide, né squisiti formaggi, né agiatezza di pastori. Il frutto delle mandrie è poco; e il pastore ha solo quanto basta a soddisfare i primi bisogni della vita; e la seguente canzone popolare esprime il suo lamento;
     
      Nu journu mi cridía d'essere papa,
      E mi sugnu trovati essari pupa.
      Vajo n'avanti cumu va la rapa,
      Pigliu pe' appedicari e mi perrupu.
      A cuntu propriu m'accattai na crapa,
      Si la mangiaru cincucientu lupi.
      Aju a trippa vacanti, e china a capu,
      Supra u jumi (il fiume) aju u liettu, ed è nu scupu.
     
      Il poverino dunque si fe' pastore con la speranza di esser papa, e si trovò divenuto una pupa, ossia un bamboccio, che il padre ne sbalza a suo capriccio ora dai monti alla marina, ora dalla marina ai monti!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





Menza