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      Crebbe al pari della rapa, studiò d'arrampicarsi sul colle della fortuna, e cadde! Si comprò una capra, intruppandola con quelle del padrone, e il lupo andò a mangiarsi giusto la sua! Ha il ventre vuoto, e il capo pieno di rimproveri, e il suo letto è una fascina, un mazzo di scope, su cui si corica per non bagnarsi mentre l'acqua piovana gli passa sotto! Su per giú questo è il dormire dei nostri pastori. Al vederne uno, tutto solo nelle lande Silane, coverto da capo a pie' di un vello, con due cerri o cerfugli, ch'ei s'arrovescia dietro l'orecchio, come i due bargigli che pendono sotto il mento dei becchi, e col pedo in mano, tu credi di esserti abbattuto in un antico Fauno. Quando il tempo si abbuia, quando le piante sfrascano, quando il tendone dei nuvoli è rotto dai lampi, egli conficca la scure ad un albero per farne un parafulmine, e si colloca in distanza. Quando diluvia si ricovera sotto un frascato; se il frascato gli manca ficca il pedo a terra, vi sciorina sopra il manto e se ne fa un ombrello, si corica sopra una fascina di scope con la panettiera sotto la testa e dorme. Quando il tempo schiara, egli o zampogna, o fila lana per farne crocili, o fa rocchette per regalarle alla sua bella: né si dimentica mai di incidere sul manico della rocca un pastorello, ed un cane. Questo modo solitario di vivere lo educa ai vizii proprii della solitudine, ed uno di questi è accennato dal torvum tuentibus hircis di Virgilio. L'altro suo vizio è l'insensibilità di cuore: il mondo può rovinare, il pastore non se ne briga.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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