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      In modo che, quando la melata (risina) non manda giú le speranze e le fatiche degli ortolani, la costoro condizione è in buoni termini. "A peggio andare, - mi disse uno di loro, - la mia giornata di lavoro mi frutta sempre una lira; ma, se la Madonna ci passa per mezzo, un orto di cocomeri rende 552 lire; e 722, s'è di poponi, sicché guadagno due lire al giorno. Né questo, la vegga bene, le paia troppo, o signore, perché io poverino ho da starmi lí fitto notte e giorno come un piuolo per sei mesi continui, da aprile a tutto settembre, spesso con la terzana addosso, tra un nuvolo di zanzare che m'empiono di cocciuole le carni, e dormire al Cielo aperto, o sotto una tettoia". "Gli è vero, - io risposi, - e tutte le volte che io passai pel vostro Vallo rimasi dolorosamente affetto al vedervi col viso sbattuto e disfatto, colpa il putridume dell'acque stagnanti; ma con quel tuo star fitto come un piuolo qualche altra cosa devi guadagnarla". "Oh sí: vi è un bene, e vi è un male. Il bene si è, che io dico al padrone: - Padrone, io d'inverno non potrò nutrirmi di cocomeri: ho bisogno di pane. Permettete dunque che dell'orto io ponga una fetta a granturco. Ed egli me lo concede: ma metto di mio la fatica, di mio la semente, e solo, fatto che si è il raccolto, gliene dono un quarto. E poi allevo anch'io il mio porcello, e a sagginarlo mi sono assai le bucce dei cocomeri, che i passeggieri si fermano a mangiare nel mio orto. Ma il male si è, che il padrone non vuole perdere il frutto del letame; e, quando l'ultimo popone vernino è spiccato, mi dice: - Fatti con Dio.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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