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      L'olio ci si dà a spilluzzico: ci tocca il primo dí del mese, e lo riceviamo dopo 15 giorni. Un rotolo è 33 once; egli ce ne pesa 24, e lo riscalda prima di misurarlo, perché abbia molto volume, e poco peso. A lui poi tocca un mezzo maiale; egli lo vuole intero, e per averlo intero froda noi, a qual piú, a qual meno, quel po' di carne che ci spetta al Carnevale. Galline poi non ce ne lascia una viva; la crusca se la piglia; insomma mena l'organo". "Che vuol dire che mena l'organo?". "Vuol dire che ruba; e cosí ci rompiamo le reni da mane a sera per vivere; e qual vivere! Fave e pane, pane e fave; e se ci bisogna tabacco, o sale, o sapone, o altro, diamo al mulattiere che va in paese il nostro pane, ed ei lo lascia al tabacchino ed al pizzicagnolo in cambio. Ah! un concio è un inferno! il lavoro è continuo; ci diamo la muta, è vero, ma nessuno può mai dormire il suo bisogno quell'orologio lí a dondolo ci governa, e il capo ci va su e giú come quella sua lente". "Mio buono amico, queste condizioni son dure; ma perché voi le pigliate?". "Perché voi le pigliate? E d'inverno che volete che facessimo di meglio noi miserabili braccianti? A non finire di fame e di freddo corriamo qui, e soffriamo corna e peggio, per non essere mandati via; perché noi siamo assai fratelli". "Hai dunque altri fratelli?". Il concaro rise come può ridere un lupo e rispose: "Fratello in lingua nostra significa povero; e dove son molti poveri, il proprietario paga gli opranti a suo senno, e se altri se ne va dal concio, non mancano i mille che preghino di entrare in suo luogo".


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





Carnevale