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      Il bifolco vi entra con i suoi buoi; il guardiano se li caccia innanzi, e li mena a me nel paese. Il porcarello vi s'introduce con la sua macilente scrofa, il guardiano gli corre addosso, il meschinello trema, e gli dice allibito: - Prenditi pegno la mia scure, e lasciami la scrofa -; e il guardiano si riceve la scure e la porta a me. Or che avviene? Viene la popolana, ed io le dico: - Se vuoi restituito il corpetto dammi due lire -; viene il bifolco ed io gli dico:- Se vuoi i bovi dammi cinque lire -; viene il porcarello ed io gli dico:- Se vuoi la scure dammi sei lire -. Il danno da me sofferto nel fondo è forse un nonnulla; ma il bifolco vedesi i cari buoi digiuni, assetati, a cielo aperto innanzi al palazzo mio, e per toglierli da quel travaglio paga anche un occhio. La popolana e il porcarello pagano pure, perché io ho un pegno in mano, e se non pagano quel ch'io voglio, porto al Giudice di mandamento il corpetto, e la scure, e domando una perizia. E alla parola perizia il nostro povero popolo cangia colore, perché ognuno ricorda la storia d'un cavolo pagato ottanta lire. La storia si racconta cosí. Un guardiano formidabile otteneva a titolo di mancia da un pecoraio ora caci, ora ricotte; il pecoraio stanco del tributo una volta rifiutò. "Ebbene, - gli disse l'altro, - se porrai piede nei fondi del mio padrone ti concerò per il dí delle feste". "Non mi coglierai", rispose il pecoraio, - e per un mese il poverello era tutt'occhi nel ritirarsi la sera perché le sue capre costeggiando quei fondi non ne saltassero le siepi.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





Giudice