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      Il guardiano indispettito si appiatta dietro la siepe, spia l'istante che passano le capre, ne tira una su, e la libera nel podere. La capra si mangia un cavolo. "Oh il cavolo! il cavolo! ti ho colto alfine, lasciami il pegno". "Ti pagherò il cavolo, e questi son due soldi". "Due soldi? hai da contarmi cinque lire". Il pecoraio rimane trasognato, l'altro gli leva pegno la scure, la porta al padrone, e questi chiede una perizia. Che ne seguí? Il danno era innegabile, era di due soldi ma innegabile; ma per spese d'indennità di via al giudice, al cancelliere, ai testimoni, e per spedizione di sentenza il malarrivato sborsò ottanta lire!
      Questi ed altrettali fatti sono comuni in Calabria, e noi gli scriviamo non per credere che li facessimo ignorati, ma perché scritti e letti stimiamo che debbano generare una nobile vergogna, che ne impedisca il rinnovellamento; e domandiamo con l'animo commosso, se il nostro popolo può avere animo gentile, corretti costumi, ed istinti umani quando vegga, non dico ogni giorno, ma una sola volta in dieci anni, un solo esempio di sbarro, di cui freme la natura, e di cavolo pagato 80 lire, di cui freme la giustizia!
      Il guardiano tocca al mese dal suo padrone o trenta carlini e un tòmolo di grano, o sei ducati; e di piú un pezzo di terreno, di cui non paga né fitto, né terràtico. La provvisione par poca, ma non è cosí. Stante il timore, che ne ricevono i conservi, il massaro gli maggesa e semina il terreno gratuitamente, il pecoraio lo accomoda di formaggi, di caciocavalli il vaccaro, senza mettere a somma gl'illeciti guadagni che egli fa ad insaputa del padrone.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





Calabria