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      Lo conosco; è capomandria del signor Lupinacci". "Ebbene, Giuseppe Pantusi ha ucciso un nostro compagno, ed io, per quanto è vera la morte, ho da vendicarlo. Tu, e non ci è Cristi, tu devi ucciderlo; a questo patto scordo che fosti il mio Giuda, e ti accetto".
      Scrivano ritrovò le sue orme, e mandò a dire al Prefetto: "Che ho da fare?" Il Prefetto si chiama il Pantusi, e gli dice: "Pantusi, tu devi farti uccidere". Pantusi impallidí. "Tu devi farti uccidere, - ripigliò il prefetto, - ma resterai vivo, e terrai la bocca chiusa fino a mio ordine". Al Pantusi piacque il gioco, ed accettò.
      La sera del venticinque dicembre il paese di Celico era in baldoria: il popolo in veglia festiva celebrava il Natale, falò per le vie, luminarie per le finestre, suoni di zampogne per tutto. Pantusi esce di casa. "Dove vai?" chiede la famiglia. "A fare un atto piccolo", risponde Pantusi. Dopo un momento si ode una fucilata, grida di Pantusi, grida e bestemmie d'uomo che lo insegue, il popolo trae a quel buggerio, e si vede Scrivano con un pugnale brandito essere a tocca e non tocca dalle spalle del fuggente. Alla dimane, perizia del Regio Giudice, dichiarazione del Pantusi, informi dei Carabinieri, ed ecco su un processo bello e fatto addosso allo Scrivano per mancato omicidio.
      Palma cadde nella trappola: non dubitò piú della fede, ma della fortuna dello Scrivano, e lo tenne seco.
      Lo Scrivano avea raggiunto lo scopo, non capia per la gioia nella sua pelle, ed attendeva pochi altri giorni per dar lingua di sé a Rosanova, ed ordinare l'impresa.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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