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      S'è fittaiuolo, cerca ad ottenere il massimo guadagno che può, non mungendole, ma smungendole, non adoperando carezze, ma strapazzi; ché il calabrese è brigante finanche quando zappa. Spirata la locazione intende contrarne una altra, e si studia a lasciare sfruttato il terreno, che abbandona; e quando il proprietario vedendo inariditi i suoi noci maledice alla crittogama, al gelo ed agli insetti, il pover'uomo s'inganna; ché i noci son seccati, perché il fittaiuolo ne tagliò le radici e le vendette. Se poi è bracciante, passa da un punto ad un altro punto dei terreni Comunali, lasciando la sterilità dietro i suoi passi, non badando a concimare il suolo, a piantarlo, a migliorarlo, e se sia in declivio, o in piano; e quando il numero dei buoni terreni è esaurito, mette fuoco in un bosco e semina sulla cenere. Cosí le nostre belle foreste si sono distrutte, cosí si son formate quelle lande deserte, inutili al pascolo, inutili alla semina, e che tra le terre vicine verdeggianti biancheggiano come macchie di tigna; cosí è avvenuto che il forestiero che visita la prima volta le nostre campagne è costretto a dire: - Per qui passarono i Vandali -! Tali condizioni di cose han fatto sí che il Calabrese abbia smentito la poesia, che dipinge la campagna come albergo dell'innocenza dell'idillio, e la giusta osservazione dei fisiocrati, che dissero di tutte le occupazioni essere l'agricoltura la piú conducente alla bontà del cuore ed alla generosità degl'istinti. L'agricoltura esercitata al modo, che per noi si è detto, ha renduto ingeneroso e maligno il popolo nostro.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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