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      A chi ha cuore e principii di morale che preme se la industria cresciuta fa che il terreno invece di uno produca mille, se di quei mille invece di vivere mille, vive uno solo? Teneri figli di questa Calabria ne studiammo con lungo amore la storia; e cadutoci sott'occhio il censimento di varii comuni del 1748, nello Stato delle persone trovammo ogni mestiere tranne quello del pizzicagnolo e del rivenditore a minuto. Il numero crescente di questa sorta persone sta in un popolo agricolo come il nostro in ragione della crescente miseria; ed allora mancavano affatto, perché l'ultimo dei contadini era in tale stato di agiatezza da provvedersi anticipatamente nelle fiere di tutto ciò che gli potesse far bisogno nel corso dell'anno. Di qui, a quei tempi, non colossali fortune, né colossali miserie, non uggiosi cipressi accanto agli umili viburni, ma una graduata comodità, che non irritava gli animi, ma gli univa, improntando ai nostri costumi una cordialità ch'è sparita, una sincerità che si desidera, una benignità d'indole che si ricorda con dolore.
      Questo stato di cose cessò con la occupazione francese e con le leggi del 1806 eversive della feudalità. Ogni rivoluzione è essenzialmente demoralizzatrice essa sbriglia gli appetiti piú ignobili, e l'esempio delle subite fortune, e dei guadagni improvvisati produce una febbre, che spinge una classe addosso all'altra come flutti di mare in tempesta. E questo allora seguí. Decimate dal brigantaggio e dalle guerre civili le antiche famiglie dei proprietarii e dei nobili, venduti a vil prezzo i beni feudali ed ecclesiastici, nacquero nuovi nomi, e nuove ambizioni.


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Persone in Calabria
di Vincenzo Padula
Parenti Editore Firenze
1950 pagine 319

   





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