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      Gli attenti agricoltori raccolgono le ulive poco prima della maturità; le ripuliscono dalle immondezze e dagli estranei, evitano di ammontarle e di farle fermentare, sottoponendole subito che sono raccolte al frattojo (raddulu), e tengono le stanze, le gabbie, il frattojo ed i vasi netti e puliti, per evitare che gli olii contraessero il menomo cattivo odore o viziamento.
      Si trebbia l’uno e l’altro riso, si pesta nei magazzini perchè imbianchisca, e se ne comincia la macina.
      L’ortolano semina i cavoli cappucci, regitani e genovesi.
      Il fiorista sotterra i bulbi dei fiori di primavera, come i giacinti, tulipani, corone imperiali, ed i tuberi dei ranuncoli e degli anemoni. Si piantano i nuovi rami di garofani, e si trapiantano quelli messi in terra nel mese di marzo.
      Si tosano pure l’erbe odorose che adornano i viali.
      Si fa la raccolta dei semi dei fiori d’autunno, ponendo cura a raccogliere separatamente quelli delle migliori varietà per estenderne la moltiplicazione.
      Spesso nel presente mese, essendo state copiose le piogge di autunno e l’erba abbondante, si comincia a mugnere le vacche.
      Nelle mandre ben tenute cominciano a figliare le pecore.
     
      NOVEMBRESi continua la seminagione del grano, giacchè per San Martino il grano è meglio in terra che al mulino.
      I bravi agricoltori, anche nelle regioni più calde della nostra isola, non compiono mai tal lavoro dopo la metà di questo mese, nè anche nelle terre argillose, le quali non esiggono abbondanza di piogge, ma sì bene profonde e frequenti arature.


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Calendario dello agricoltore siciliano
di Niccolò Palmeri
Tipogr. Pensante Palermo
1883 pagine 189

   





San Martino