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      Ciò fatto, non si dovranno più toccare fino a tutto valicato l’inverno; e tanto a mezza primavera, quanto all’entrare di giugno, converrà dar loro una intraversatura (travirsata), calzandone tutti i piedi (quasannuni li pedi).
      Dopo quest’ epoca, quando vedrete tornare giallastro il colore dello stelo, e cadere le foglie inferiori, allora il seme è maturo: e voi sul far del dì tagliate con una falcetta i piedi del colza a poca distanza da terra; riponeteli in una carretta; trasportateli sotto vaste tettoie, (pinnati) il di cui pavimento sia bene uguagliato e ripulito; e lasciateli quivi ammonticchiati, ma non pigiati, (’ncarcati). Ove manchino le tettoie si sovrappongano degli strati alternativi di piedi di colza e di paglia; e se ne facci una bica (burgiu), la quale, mercè la paglia, vedrassi modo di ricoprire d’ogni dove, per togliervi l’entrata alle acque piovane.
      Come gli steli saranno del tutto disseccati, batteteli col correggiato (buviddu), ed in crivelli fatti a posta vagliatene, come la biada, il seme che ne sarà uscito. Questo seme sciorinato per alcuni giorni su delle tele, riponetelo in sacchi isolati, che si vuotino e si riempiano di quindici in quindici giorni, finchè venga tempo di porlo al molino.
      Per l’estrazione dell’olio non vi riducete fino al cuor dell’inverno, e non apettate nè poco, nè molto, perchè l’una e l’altra cosa farebbero male al seme e però anche all’olio. È vano che si pongano parole intorno alla maniera di estrarlo, conciossiachè non corre alcuna differenza tra essa e quella degli altri olii di seme.


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Calendario dello agricoltore siciliano
di Niccolò Palmeri
Tipogr. Pensante Palermo
1883 pagine 189