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      Comechè tanti stranieri fossero venuti allora a stabilirsi in Sicilia, non conservarono eglino veruna dipendenza dalla patria, da cui s’erano staccati. I Greci, che più di tutti si moltiplicarono, e più di tutti inciviliti vi vennero, presto comunicarono agli altri le arti, le scienze, la lingua loro; per lo che gli abitatori tutti dell’isola, qual che fosse stata la rispettiva nazione, Sicelioti indistintamente si chiamarono.
      Le principali città erano come capitali di piccoli stati, ognuno de’ quali avea territorio, leggi, consuetudini, magistrati, monete, guerre e trattati particolari. Si reggeano in generale a popolo. Nelle circostanze poi di grave momento davasi straordinaria autorità ad un solo, col titolo di re o di tiranno, il quale tramandavala a’ suoi successori. Ma la tirannide era anche talvolta, o con astuzia o con forza aperta, usurpata.
      Non però è da credere che venivano in questi casi affatto spente le forme del governo popolare.
      Il vedere in ogni città una fazione, che palesamente avversava il tiranno; il linguaggio ardito dei filosofi; e soprattutto lo studio de’ tiranni di suscitare interne discordie fra’ cittadini, e d’imprender sempre guerre straniere, per accrescere il numero de’ loro satelliti armati, per distogliere il popolo dal pensiere della domestica servitù, ed abbacinarlo collo splendore di gloriose azioni, mostrano che restavano lo spirito e i modi republicani. Senzachè la storia, anche sotto i più crudeli tiranni, accenna adunanze di cittadini per discutere i pubblici affari.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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