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      L’esagerazione ha per base la verità. La schietta calunnia non si appicca, e molto meno può formare l’opinione comune di un’età e delle posteriori. Si conservò per secoli in Agrigento il famoso toro di bronzo, donato da Perilao a quel tiranno. Era esso vôto; si apriva nella schiena, per mettervi entro gl’infelici, che si voleano martoriare; vi si metteva il foco sotto al ventre; arroventito il metallo, le grida di quei miseri imitavano il muggito del toro. Vero è che nel ricevere quel dono, Falaride ne fece l’esperimento sul donatore; ma ciò prova anche di più la sua crudeltà. Colui non avrebbe certo fatto un dono di tal natura ad un principe meno inchinevole alle crudeltà: e, se era quello uno strumento ordinario di punizione, fu crudeltà ed ingiustizia punirne l’artefice; se non lo era; fu crudeltà il farne uso allora ed in appresso.
      È poi innegabile d’essere stato egli in voce d’uomo furbo e di mala fede. Quando gl’Imeresi, per essere in guerra co’ loro vicini, offrirono a lui il comando delle armi loro; egli, recatosi in Imera, lo accettò, a patto di darglisi una guardia di soldati stranieri per sicurezza della sua persona. Era presente Stesicoro. Una volta, disse costui ai suoi concittadini, il cavallo venuto in cruccio col cervo cercò l’ajuto dell’uomo. Promise l’uomo di vendicarlo, purchè si lasciasse mettere la briglia e se lo recasse in dosso. Il cervo fu ucciso; ma il cavallo restò sottomesso all’uomo. Fu questo apologo di Stesicoro, che fe’ andare a vôto le trame del tiranno; e va tuttora in proverbio.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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