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      Gli Agrigentini, dati già alle lussurie, non seppero tenere a lungo il governo popolare. Terone ebbe la tirannide. Capi ed Ippocrate, comechè suoi congiunti e da lui beneficati, furono i soli a levarsi in armi contro di lui. Non soccorsi dagli altri, furono dal tiranno inseguiti sino all’Imera, ove le forze loro furono disperse.
      Per meglio afforzare il suo potere, contrasse Terone parentado con Gelone, tiranno di Siracusa, con dargli sposa la Demarata sua figliuola; ed egli stesso menò in moglie una figliuola di Polizzelo, fratello di Gelone. Credutosi allora forte abbastanza, per potere estendere a man salva il suo dominio; mosse guerra a Terillo, tiranno d’Imera. Gli venne fatto di cacciarlo dal solio, e farsi padrone di quello stato, contermine al suo. Così il paese a lui soggetto venne ad estendersi dall’una spiaggia all’altra dell’isola. Ei fu che eresse in Agrigento la maggior parte delle magnifiche opere ammirate da tutte l’età. Morì (ignoriamo in qual’anno) onorato e compianto da tutti gli Agrigentini.
      Trasideo, suo figliuolo, brutalmente crudele, fu suo successore. Era stato costui posto dal padre al governo d’Imera; e tanto avea tribolato colle sue crudeltà gl’Imeresi, che costoro cospirarono per levargli il dominio, e l’offerirono a Gerone, tiranno di Siracusa. Ma ne incolse loro quel danno, che sempre hanno riportato i popoli sconsigliati, che hanno richiesto dagli stranieri rimedio alle interne oppressioni. Il siracusano, che per suoi fini volea tenersi amico Terone, non ebbe rossore di farla da vil delatore, palesandogli la congiura e i congiurati.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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