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      Dato tre giorni di sosta alla gente, mosse Amilcare verso Imera; perchè l’apparente oggetto della guerra era di restituire nel governo l’espulso Terillo, e perchè costui avea fatto loro credere di avervi assai dipendenze. L’esercito si avviò per terra, l’armata lo convogliava radendo il lido. Come giunsero nella vasta pianura, che sta a fior di lido poco di lungi dalla città a ponente, le navi furono tutte tratte in terra e chiuse in un ricinto, entro il quale furono poste anche le bagaglie. L’esercito si accampò di là dai colli, che dallo stesso lato fronteggiavano la città.
      Così disposte le cose, il cartaginese con una mano de’ suoi corse a dar l’assalto. Loro si fe’ contro una schiera d’Imeresi, la quale dopo lungo combattimento fu rotta. Terone, che, al primo annunzio dello sbarco dei Cartaginesi si era da Agrigento recato di volo in Imera con quanta gente avea potuto, spedì, dopo quella disfatta, corrieri a Gelone, pregandolo di pronto soccorso. Questi, che da lung’ora s’era messo in punto, mosse tosto da Siracusa con cinquantamila fanti e cinquemila cavalli. Scortando quanto potè la via, giunse e si pose ad oste nella pianura contigua alla città dalla parte di mezzogiorno. Una mano di cavalieri fu da lui destinata a spazzar la campagna, per impedire al nemico d’andare a foraggio. Tutte quelle schiere africane, che sbrancate ivano scorazzando per lo contado, soprapprese da costoro furono o morte o prese; intantochè trassero entro la città diecimila prigionieri.
      Gl’Imeresi, che alla prima disfatta eran cagliati, fecero cuore.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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