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      Se il governo fosse affidato ad uomini di schietta fede, senza natali e poveri, non altro studio avrebbero eglino, che il bene della repubblica. Questi sentimenti sono sempre graditi alla moltitudine, vere o false che fossero le colpe che si danno a chi governa. Tumultuosamente i comandanti furono deposti, ed altri ne furono scelti, fra’ quali lo stesso Dionigi. Egli, che ben altri disegni covava in mente, cominciò sin dalle prime a mostrarsi alieno da tutte le deliberazioni dei suoi compagni. Mai non veniva con esso loro a parlamento. Da sè solo spesso convocava il popolo, per intrattenerlo delle cose della guerra presente. Si cercavano per tutto soldati; egli disse al popolo: prima di procurarne altrove, essere da richiamarne i cittadini banditi ed armarli; non essere da dubitare della fede loro, da che aveano amato meglio andar tapini di qua e di là, che pigliar le armi contro la patria. Il popolo il consentì. Egli venne così ad acquistare una mano di faziosi, pronti a seguirlo in ogni impresa.
      In questo, i Geloi chiesero ajuto ai Siracusani. Vi fu spedito Dionigi con duemila fanti, e quattrocento cavalli. Anche lì la plebe altamente querelavasi de’ patrizî. Dionigi fece produrre in pubblico le accuse; condannò a morte i rei; ne vendè i beni; ne divise il prezzo ai soldati. Di ciò furono tanto lieti i Geloi, che con isplendida ambasceria ringraziarono il popolo siracusano. Comandava in Gela lo Spartano Decippo; Dionigi cercò guadagnarselo; non riuscitogli, lasciò Gela, promettendo ai Geloi, che presto sarebbe stato di ritorno.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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