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      Negatosi egli ad entrare in lega cogli stranieri, il punico generale nè s’attentò di stringervelo colla forza, nè seppe andare incontro a Dionigi, che già era in via, per impedire la congiunzione delle costoro forze. Si fermò, come stando infra due, sul tenere d’Agira presso al fiume Crisa, detto oggi Dittaino; e la strada per a Morganzio. Dionigi, il cui esercito non oltrepassava i ventimila combattenti, come fu presso al nemico, conosciuto, per suoi messi che lo precessero, l’animo d’Agiri, con pochi compagni venne in Agira. Strinsero lega. L’Agirino unì le sue alle forze siracusane; diede, senza volerne prezzo, tutti i viveri, di cui i nuovi alleati aveano mestieri nella campagna; e Dionigi gli promise un aumento di territorio, se le cose loro giungeano a lieto fine. Venuti fuori, si diedero a travagliare il nemico con mostrarglisi ora di fronte, ora sui fianchi, ora alle spalle; e dargli continui gangheri, senza venir mai alla prova delle armi. E per esser eglino più pratichi de’ luoghi, guardavano tutte le vie, ed intraprendevano i viveri e i foraggi, diretti al campo cartaginese; intantochè Magone, col suo numeroso esercito, venne presto a patir di fame. Voleano i soldati di Dionigi venire alle mani; ma il cauto lor capitano, sicuro di vincere senza avventurare la sua gente, sempre si negò. Di ciò disgustate alcune delle sue schiere, lo abbandonarono. Egli vi riparò con dar libertà agli schiavi. Ma poco poterono egli fruirne; chè i Cartaginesi, stanchi di tal maniera di guerra, sul punto di perir tutti d’inedia, chiesero pace e la ebbero: però gli schiavi furono restituiti ai loro padroni.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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