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      Nel suo discorso raccomandava ai Siracusani a difendere con forte animo la libertà, che dopo quarantott’anni riacquistavano, il popolo concordemente elesse lui e suo fratello supremi comandanti con ampio potere: ed a loro richiesta furono scelti venti altri personaggi, che loro colleghi fossero nel comando; dieci dei quali furono tratti dal numero di coloro, che ritornavano allora dall’esilio. Venuto poi all’Epipoli, liberò que’ cittadini, che ivi erano tenuti prigioni. Indi circonvallò la rocca, che si preparava ad assediare, ove riunite erano le forze del tiranno.
      Dionigi, entrato nella rocca, sette giorni dopo che Dione era in città, mandò a lui secreti messaggi per tentarlo. Dione rispose che si dirigesse in pubblico ai Siracusani, resi già liberi. Rimandò Dionigi gli ambasciatori stessi, per proporre al popolo di ristringere la sua autorità, con minorare le imposte ed alleggerire le fatiche delle militari spedizioni, che quindi innanzi non avrebbe imprese senza il consentimento dei cittadini. I Siracusani si rideano di tali proposizioni. Dione disse ai messi, che, prima di qualunque proposta, Dionigi deponesse il governo. Allora egli si ricorderebbe d’essere suo cognato, per fargli ottenere giuste e moderate condizioni. Finse piegarsi il tiranno, e chiese alcuni de’ cittadini entro la rocca, per trattare l’accordo; ma, come vi furono, li ritenne. Mentre in città tutti credeano, che in lungo andava la conferenza, e ne aspettavano l’esito, sul far del giorno i mercenarî assalirono il vallo che cingea la rocca, e, superatolo, diedero addosso ai cittadini; i quali, sbalorditi dall’impensato assalto, si volsero in fuga.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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