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      Tutti sentivano che Dione e’ suoi fanti potevano soli salvar la città; tutti rammentavano la vigilanza di quello e ’l coraggio di questi in simili casi; ma nessuno osava proporlo, per tema d’Eraclide e de’ suoi. Intanto quella fazione avea soffogato la voce pubblica. Stringendo sempre più il pericolo, vi fu chi osò proporre di richiamare Dione e’ suoi soldati. Un grido concorde d’approvazione si levò.
      Alcuni de’ cavalieri siracusani e de’ loro alleati corsero a briglia sciolta a Leonzio. Giuntovi, sbalzarono giù da cavallo, e si gittarono a piedi di Dione, esponendogli lo stato deplorabile di Siracusa e ’l pentimento de’ Siracusani. Dione menò la sua gente all’assemblea, ove concorse gran parte dei Leontini. Arconide ed Ellanico, ch’erano fra’ messi di Siracusa, narrarono il lacrimevole caso, e pregavano i soldati di Dione a venire in soccorso della città, e dimenticare le offese di quel popolo, già abbastanza punito della sua ingratitudine. A quel discorso alto silenzio successe. Tutti pendeano dal viso e dalla bocca di Dione. Si levò egli per parlare; ma le lagrime gli rompevano le parole. Finalmente riavutosi alquanto, disse «O lacedemoni, e voi o commilitoni, io vi ho qui convocati, perchè consultiate intorno a voi medesimi. In quanto a me poi, non mi si conviene or consultare intorno a me stesso, quando Siracusa perisce. E se fia ch’io salvar non la possa, a gittarmi io n’andrò e a sepellirmi tra il foco e tra le rovine della mia patria. Ma se voi soccorrer volete un’altra volta gli infelicissimi e sconsigliatissimi Siracusani, su via sollevatene la città la quale è pur vostro lavoro.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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