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      Ciò mise il mal’animo nella plebaglia, e diede campo ad Eraclide di mulinare nuove insidie contro di lui. Era allora in Neapoli, presso Agrigento, un Faracide spartano con una presa di gente, che per Dionigi militava. Ivi si condussero per combatterlo Dione ed Eraclide, l’uno per terra, l’altro per mare. Eraclide, mentre sottomano, per mezzo di Faracide tenea secreta pratica col tiranno, veniva poi dicendo, non volere Dione por fine con una battaglia alla guerra, per non perdere il comando. Dione per necessità venne alle mani, e n’ebbe la peggio. Come la sua perdita era stata assai lieve, si preparava ad ordinar meglio la sua gente, per un nuovo attacco, quando ebbe avviso che Eraclide, voltate le prore, s’era diretto coll’armata a Siracusa, per destarvi nuovi tumulti contro di lui, ed escluderlo una seconda volta dalla città. Messosi all’istante in via col fiore della sua gente, senza sostare in alcun luogo, giunse il domane verso vespro a Siracusa, mentre Eraclide ne era ancora lontano. Fallito a costui quel colpo, gli venne incontrato sul mare un Gesilo spartano, che, in cerca di ventura, a Siracusa era diretto per militare in quella guerra. Parve allora ad Eraclide avere un bel destro per levare il comando a Dione. Però fece sapere al popolo d’essere giunto uno Spartano per salvare la città, come, già tempo, salvata aveala Gilippo. Dione gli fece rispondere non avere Siracusa mestieri di comandanti. Quel dabbene Spartano, che non volea tramettersi in tali brighe, deposto ogni pensiere di comandare, pacificò i due comandanti.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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