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      » Forse tale discorso nè quella sola volta, nè solo fra quei due ebbe luogo; perocchè que’ sentimenti, altamente approvati, tanto rapidamente si diffusero fra i soldati d’Iceta, che Magone n’ebbe lingua, e, già sapendo l’imminente arrivo di Timoleonte colle nuove schiere, tanto si rimescolò per la paura d’essere tolto in mezzo, che, non fidando nelle prepotenti sue forze malgrado le preghiere di Iceta rimise sulle navi l’esercito e tornò in Libia, ove per lo rossore si diede la morte, e ’l suo cadavere fu appeso alla croce.
      Il domane giunse Timoleonte. Non trovato i Cartaginesi, saputo la loro fuga, i suoi soldati ne celiavano, e promettevano un premio a chi loro additasse ove s’erano nascosti i barbari. Ciò non però di manco Iceta non volle cedere Neapoli e l’Epipoli, e si preparò a difenderle gagliardemente. Timoleonte lo assalì contemporaneamente da tre parti. Egli stesso attaccò Neapoli dal lato dell’Anapo; Isia da Corinto dalla parte di Acradina; Dinarco e Demareto colle schiere di fresco venute assaltarono l’Epipoli. I nemici furono da per tutto respinti. Neapoli e l’Epipoli vennero in potere di Timoleonte, senza che alcuno de’ suoi soldati fosse morto o ferito. Ciò fu ascritto a miracolo della fortuna; ma è più ragionevole il credere che i soldati d’Iceta, già sedotti, disposti veramente erano a rivolgersi contro i Cartaginesi. Per la fuga di Magone ciò non ebbe luogo; ed in quella vece cessero il posto senza opporre resistenza. Come che andata sia la cosa, quella vittoria tanto celeremente si divulgò, che in Corinto si ignorava l’arrivo in Sicilia della seconda spedizione, quando vi giunse l’avviso del passaggio e della presa di Siracusa.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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