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      Lo che fu tenuto giusto gastigo dei Dei, per essere stati costoro a parte del furto fatto al tempio di Delfo. Nella premura di raccattar gente per la spedizione di Sicilia, avea dovuto Timoleonte assoldare anche tali sacrileghi. Mamerco, che poeta era, tronfio di tali vittorie, fece appendere gli scudi de’ vinti in voto agli Dei, scrittovi sotto: «Co’ nostri rozzi scudicciuoli abbiam presi questi scudi purpurei, splendenti d’oro, di avolio e d’ambra.»
      Era allora Timoleonte ito con poca gente contro Calauria (47). Iceta fatta una correria in quel di Siracusa, tornato indietro, venne a passare presso Calauria, come spregiando Timoleonte. Questi, lasciatolo andare alquanto, gli fu sopra colla cavalleria e i fanti leggieri. Quello, valicato il fiume Dammiria, si fermò per difendergliene il guado. Precipitose erano le ripe. Le compagnie facevano a gara, volendo ognuna essere la prima a passare. Timoleonte, temendo non quella gara fosse cagione di scompiglio e di disastro, volle che la sorte stabilisse la precedenza. Posti in un lembo della sua clamide gli anelli di tutti i capi delle compagnie e scossili, il primo a venir fuori portava inciso un trofeo. Ebbri i soldati da quello augurio, non istettero più saldi: precipitarsi al guado, passarlo oltre, venire alle mani co’ nemici, ucciderne mille, fugare il resto, deposte le armi, fu tutt’uno. Nè qui Timoleonte si tenne. Raccolto maggiore esercito, s’accostò a Leonzio. Gli venne fatto avere nelle mani Iceta con tutti i suoi, presi ed a lui condotti dagli stessi loro soldati.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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