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      Cammin facendo posero a Taranto. I Tarantini, sedotti dal nome di Sparta e del re Cleomene, vollero essere a parte dell’impresa e diedero venti galee.
      Non sì tosto fu Acrotato in Agrigento, che si diede a conoscere qual’era. Vile, insolente lussurioso, rapace, dalla crudeltà in fuori, nulla avea di Spartano. Venuto questo in odio al popolo, l’odio mal represso divenne furore, quando, invitato a cena l’illustre Sosistrato, lo fece a tradimento uccidere. Il popolo, levatosi a sommossa era per lapidarlo. Venne fatto a quel vile campare colla fuga il gastigo. Partito costui, i Tarantini richiamarono il loro naviglio; e morto Sosistrato era mancata l’anima della impresa. Gli alleati cominciarono a nicchiare. Messisi allora per lo mezzo i Cartaginesi, fecero conchiudere un generale accordo, nel quale Cartagine ebbe il suo prò, essendosi pattuito che Eraclea, Selinunte e Terme-imerese restassero sotto il dominio cartaginese. Le altre dipendessero da Siracusa, ma conservassero le proprie leggi.
      Deposte le armi, Agatocle Gela ed Agrigento si diede ad accrescere il suo dominio, sottomettendo le città ed i castelli contermini. Nè resistenza potea trovare, per avere sotto di se, oltre i soldati siracusani e quelli delle città alleate, diecimila fanti mercenarî ed oltre a tremila cavalli. Ed assai più poteva assoldarne, avendo in serbo armi a josa. Riunite le maggiori forze che potè, si accostò minaccioso a Messena, ove s’erano ritratti gli esuli siracusani, i quali dopo la pace non si tenevano più sicuri in Agrigento.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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