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      Agatocle che assai lo stimava, conoscendolo ubbriaco non ne facea caso. Ritiratosi il tiranno, colui continuò a pungere Arcagato, e fino lo accagionò d’incesto colla matrigna. Più non si tenne il giovane: agguagnata una lancia, ne passò fuor fuori quel tracotato, che portato nella sua tenda dai soldati, spirò.
      Grave era ad Agatocle punire, come meritava, il figliuolo; anche più grave era a’ soldati lo andare impunita la morte del loro capitano. Levatisi a tumulto, accerchiarono lo stesso Agatocle entro Tunisi, minacciando di darlo vivo in mano dei Cartaginesi, se non faceva giustizia e non pagava loro gli stipendî, di che erano creditori. Al tempo stesso tenevano secreta pratica intorno a ciò coi Cartaginesi, i quali s’avvicinavano come a certa vittoria. In tale stretta, Agatocle, anzichè per mano dei manigoldi di Cartagine, volle finire da generoso i giorni suoi. Deposto il manto del comando e tutto sciamannato, venne in mezzo ai soldati, i quali, sopraffatti da quell’atto e da quello aspetto, restarono. Eloquente com’era, cominciò a rammentare tutte sue azioni; confessò il delitto del figlio, e dichiarò esser venuto per contentarli, non che della morte di lui, ma della sua; chè il timore della morte non avea mai allignato nel suo cuore. In questo dire, trasse la spada per ferirsene. A tal atto impietositi i soldati, a lui s’avventarono per impedirlo; e, come ogni torma suole, passando istantaneamente dal furore alla pietà, condonarono il trascorso del figliuolo, e dichiararono volerlo indi innanzi con maggior impegno servire.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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