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      A quella voce applaudirono i mascalzoni, i soldati, i disertori e tutta la bordaglia. Ogni contrario voto fu vano. Quei due furono gridati pretori l’anno 3o dell’Olimpiade 141 (214 a C.).
      I più de’ Siracusani inclinavano alla pace; però fu spedito messaggio al console Marcello, venuto allora in Sicilia, per rannodare l’amicizia. Questi promise di mandare persone a Siracusa per conchiudere il trattato. Ippocrate ed Epicide non osarono da prima opporsi al comun volere. Ma, come seppero che una numerosa amata cartaginese, giusta la convenzione fatta con Geronimo, era già a Pachino, si diedero palesamente a predicare il tradimento di volere consegnare la città ai Romani. E tanto aizzarono la plebe, sempre credula ed avventata sempre, che avvicinandosi l’armata romana, che amichevolmente veniva, molti corsero armati al lido, per impedire che alcun romano non mettesse piede a terra. In quel tumulto i pretori chiamarono il popolo a parlamento, per determinare se pace o guerra conveniva. Dopo lungo dibattito, posto il partito, la pace fu vinta; e messi furono spediti al console, per rinnovare gli antichi trattati.
      In questo i Leontini chiesero ajuto ai Siracusani contro i vicini che infestavano il loro tenere. Parve allora agli altri pretori avere un bel destro d’allontanare Ippocrate; e colà lo mandarono con quattromila tra soldati stranieri e disertori romani. Costui, che ad ogni patto volea commetter male tra Siracusa e Roma, giunto in Leonzio, si diede a scorrazzare il vicino paese romano.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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