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      Gabelle si pagavano in Palermo sopra i macelli, i caci, i pesci, le frutta, l’olio e ’l vino; v’erano le gabelle della tinta, del filetto e del fumo; e gabelle si pagavano nel porto, nelle porte, ne’ mulini, nei bagni. Dazi si pagavano in Messina sulla tinta, sull’olio, sul macello, sugli erbaggi, sulla pesca, sui bagni pubblici. Ed imposte della stessa natura pagavano quei di Girgenti, di Sciacca e di Licata. Oltracciò i Saracini andavan soggetti a quel tributo stesso, ch’essi avevan fatto pagare ai cristiani pel libero esercizio della loro religione, e si diceva gesia. E, se il Novairo dice che il conte Rugiero non lasciò ai Saracini nè bagni, nè botteghe, nè mulini, nè forni (190), pare che ciò non debba intendersi in altro modo che l’aver gravato di dazio i bagni, le botteghe, i mulini ed i forni dei Saracini. Lo stesso dazio della gesia si pagava dagli Ebrei. Ed alcune popolazioni di Lombardi andavano soggette al peso della marineria, ch’era l’apprestare o uomini o danari per lo mantenimento dell’armata (191).
      Ove si consideri che il conte Rugiero in tutti i suoi diplomi si dava il vanto d’esser venuto ad affrancare i Siciliani; e che a tal suo linguaggio si accordano le espressioni degli storici contemporanei; non sembrerà verisimile che tante gravezze fossero state da lui per la prima volta imposte. E’ sarebbe più ragionevole il credere che abbia egli trovato quei pesi, imposti già dal governo saracino; ed egli altro non fece che sottoporvi anche que’ Saracini che restarono nell’isola.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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