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      Il duca rispose che sottomessa del tutto la Puglia, lo avrebbe fatto contento; ma quello, colla insolenza propria dei baroni di quell’età, dichiarò che se di presente non gli si dava quanto chiedeva, avrebbe rinunziato il feudo, si sarebbe ritirato, per andarne oltremonti; e senza fare altro motto lasciò il campo.
      Caduta ivi a poco Montalto, il duca corse ad assalire le altre terre del conte di Conversano. Presi allora di paura il principe di Bari, lo stesso conte di Conversano e gli altri baroni, che avevano prese le armi, vennero volontariamente a sottomettersi. Il duca restituì allora al conte di Conversano le terre che gli avea tolte, ed ordinò a tutti gli altri di seguirlo all’assedio di Troja. I trojani cercarono l’ajuto del principe di Capua, che non volle tramettersene: solo il conte d’Avellino, il quale comechè cognato del duca, fu il più pertinace dei suoi nemici, vi accorse; ma, minacciato da questo d’invadere, prima d’assediar Troja, la sua contea, abbandonando i Trojani, si pacificò col cognato. Troja di viva forza fu presa; tutte le altre città del ducato volontariamente si sottomisero.
      Non avendo più altri nemici a combattere, il duca Rugiero venne coll’esercito a Lagopeloso, ove stanziava quel Roberto di Grantmesnil, e, per punirlo della disubbidenza, l’obbligò a rinunziare, in presenza di tutti gli altri baroni il suo feudo. Ridotti all’obbedienza tutti i baroni di Puglia, a por termine ai mali che avevano travagliata la provincia, convocò un parlamento in Melfi, in cui sancì che nessun barone, qual ne fosse la ragione, movesse guerra all’altro, o s’attentasse di protegger ladri e malfattori d’ogni maniera; che anzi qual ne vivesse ne’ loro stati fosse da loro consegnato ai magistrati posti sopra ciò; che nessuno osasse appropriare i beni degli arcivescovi, de’ vescovi e di qualunque chierico o monastero, e di molestare o far molestare gli operai, gli agricoltori, i pellegrini, i mercatanti e qual si fosse altra persona.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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