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      Ma nè i bajuli, nè i giustizieri, nè alcuno di quei magistrati avea facoltà di giudicar da sè solo; erano sempre assistiti da un collegio di giudici. Nè saprebbe dirsi su qual fondamento il Gregorio dica (242), che tali giudici intervenivano da semplici assessori. Per mostrare che i camerari erano nelle civili, magistrati superiori a tutte le corti locali delle provincie, adduce quello scrittore lo esempio d’una lite che pendea innanzi i giudici di Maddaloni; ed il camerario, avocatala a sè, la decise assistito dai giudici di Capua. Ma nell’atto di quel giudicato si dice, che il camerario Ebulo, convocata in sua presenza la corte, dopo lungo dibatto ordinò ai giudici di Capua ed a noi di profferir la sentenza (243). Da ciò è manifesto primieramente che, oltre ai giudici di Capua, altri intervennero al giudizio; e che le funzioni loro erano di giudicare effettivamente, non di dare il semplice voto d’assessori. E, quando poi si considera che nel 1154 il giustiziero di val di Demona decise una lite intorno ai confini di Gagliano e del casale di Milga, assistito da due giudici di Castrogiovanni e dai bajuli di Troina e di Centorbi, e vi furono chiamati buoni uomini tanto cristiani, che Saracini (244), si vede anche più chiaro che quei giudici non eran magistrati ordinarî, nè esercitavano un’officio proprio, ma eran chiamati a giudicare occasionalmente. Ed abbiamo grande argomento di credere che le funzioni di costoro, che in Sicilia si chiamavano giudici, erano simili a quelle di coloro che in Inghilterra si chiamavano e si chiamano ancora giurati, i quali sono scelti secondo il caso; può esservene alcuno altronde vestito di pubblica autorità; fanno parte momentaneamente della corte di giustizia; ma giudicano solo intorno al fatto, ed il magistrato poi applica la legge al caso.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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