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      Era il parlamento allora solamente composto dai conti, dai baroni e dai prelati, i quali tutti tenevano i loro feudi in capite dal re; l’intervenirvi era servizio proprio del feudo, nè in quell’età si conosceva ancora d’esser dritto importantissimo; e perciò i possessori di piccoli feudi non popolati, che si dicevano rasi, daprima s’astennero di prestare il servizio, e col volger degli anni per legale consuetudine perderono il dritto (248).
      Ma il parlamento stesso diveniva talvolta corte di giustizia. Era inerente a tutte le costituzioni feudali d’Europa il principio, che ognuno dovea esser giudicato da’ suoi pari; e, perchè tutti coloro che avean sede in parlamento erano pari fra essi, perchè traevano il dritto loro dall’investitura, che direttamente avevano ricevuto dal re, nissun’altra corte di giustizia aveva dritto di giudicare de’ loro delitti, che il parlamento stesso, il quale si chiamava in tali casi alta corte dei pari (249). E al modo stesso, come correvano assai vincoli reciproci trai conti e baroni, e loro suffeudatarî, ove accadea che alcun di essi avesse mancato alla promessa, e dell’altra parte si pretendea per questo e dal signor concedente svestire il suo vassallo del feudo, o dal vassallo negare l’omaggio e ’l servizio a quello, tutti i baroni dipendenti dalla contea, o tutti i militi dipendenti dalla baronia, che eran pari della signoria, come i primi eran pari del regno, erano i giudici naturali di tali piati (250). Nelle contese poi fra’ cittadini alcuni del loro grado erano chiamati a giudicare.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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