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      In somma erano per tal modo inerenti al feudo, che nella descrizione generale del regno, fatta da re Rugiero, furono fatti registri a parte che si chiamavano platee, delle famiglie de’ villani, che ad ogni feudo appartenevano, e de’ servizii, cui eran tenuti. Erano eglino addetti all’agricoltura; ed erano destinati a coltivare senza rimunerazione le terre del signore. E se in ciò erano simili ai servi romani, ne differivano in ciò che il servizio di questi era continuo a bel diletto del padrone, ovechè pe’ villani di Sicilia era determinato il numero delle loro giornate di lavoro, che si chiamavano diete. Dovevano oltracciò alcune prestazioni in derrate; ma poteano ricomprare e l’opera e il tributo con una stabilita somma di danaro. Al di là di ciò potevano lavorare ed acquistare per loro, e fin disporre per testamento delle cose loro, ciò che i servi non potevano.
      Un diploma tratto dal Gregorio dall’archivio della chiesa di Patti, mostra quali erano i tributi ed i servizii di alcuni villani (253), i quali doveano al signore ogni anno diciotto salme ed un terzo di frumento, ed una quantità d’orzo. Il prezzo del frumento era fissato a cinque tarì la salma; dell’orzo a due tarì e dieci grani. Dieci di essi, che avevan bovi, doveano nelle sementi dieci giornate d’aratro, stimate sei grani e quattro piccoli l’una. Il rimanente eran tenuti a dare trecento ventinove giornate di lavoro personale, che si diceva angaria, nelle sementi, nel sarchiare, nel fare maggesi, nell’acconciar vigne, stimate da rio in buono due grani l’una.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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