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      » Conobbe il conte essere quel discorso diretto a scoprir l’animo suo; e, volendo in quella vece scalzare il grande ammiraglio, rispose «Tutti pensano che le operazioni del re sono sempre da voi dettate; voi siete perciò oggetto dell’odio universale; se sinceri sono i vostri sentimenti, mettete in piena luce la forsennatezza del re, date mano a coloro che vogliono disfarsene; io sarei il primo a bevermene il sangue.» Il grand’ammiraglio, creduto d’aver fatto tutto suo quel conte, gli disse: «È gran tempo che molti, fra’ quali l’arcivescovo di Palermo, cospirano per mettere a morte il re; e vogliono promovere me al regno; ma io nol consento; sono anzi d’avviso doversi il regno conservare ai figliuoli di Guglielmo.» - «No» rispose il conte «del tiranno non deve restare pur seme.»
      Il grand’ammiraglio, gongolando per aver preso quel paolino per lo naso, più non si tenne; gli palesò fil filo la trama; gli si raccomandò per ajutarlo nell’impresa. Il conte il prometteva; ma sottomano palesava agli altri baroni le ree intenzioni di colui.
      Forse non dispiaceva ai baroni siciliani che Guglielmo fosse deposto ed anche messo a morte; ma nissun di loro avrebbe tollerato che salisse al trono un uomo vile di nascita, turpe di costumi; però il conte di Montescaglioso, che il grand’ammiraglio teneva già tutto suo, da una mano lo veniva istigando a compiere il disegno dar morte al re, dall’altra si teneva pronto ad ammazzar lui per vendicare il regicidio. Ma il grand’ammiraglio, per cui la morte del re, e forse ancora dei figliuoli di lui era il primo passo, non voleva darlo, senza esser sicuro della riuscita del secondo, di cui conosceva le difficoltà, però veniva tempellando.


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Somma della storia di Sicilia
di Niccolò Palmeri
Editore Meli Palermo
1856 pagine 1468

   





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